La scomparsa prima del pontefice Gregorio XIII, nel 1585 e poi del Santori, 1602, unita al disinteresse se non alla diffidenza con cui l’istituzione veniva vista in alcuni periodi, hanno conservato alla chiesa il suo carattere tardo rinascimentale, proteggendola da quelle sovrastrutture ed incrostazioni barocche che hanno alterato tante chiese romane. Si deve tenere presente inoltre l’assenza a Roma nei secoli scorsi di una ricca comunità nazionale “greca” che potesse pagarne l’abbellimento analogamente a quanto avvenuto nelle altre chiese nazionali di Roma.
La facciata è a due ordini partiti da lesene, doriche quelle della base e ioniche quelle del secondo ordine seguendo la tradizione classica. L’ordine corinzio appare nell’ultimo piano dei campanili che si dipartono dalla sommità della facciata ai lati del frontone centrale, secondo uno schema che diverrà abituale a Roma.
La decorazione della facciata è limitata al gioco delle ombre e luci date dalle lesene, dai cornicioni e dalle nicchie.
Sull’asse centrale della facciata si apre l’unico grande portale, con timpano triangolare. Al disopra di esso un grande finestrone arcuato, ma anch’esso con frontone triangolare, conferisce grande luminosità all’ambiente interno.
Sulla celebre stampa del Falda appare, sopra questo finestrone al centro del timpano culminale, uno stemma in pietra presumibilmente di papa Boncompagni. Questo stemma sarebbe stato rimosso probabilmente nel 1798.
Ai lati del finestrone invece campeggiano due iscrizioni in greco e latino che ricordano l’erezione della chiesa.
Il fregio dorico che separa i due ordini reca invece la scritta: gregorius xiii pont max a fundamentis extruxit pontificatus suis anno x.
Sul campanile di sinistra è installato un grande orologio, curiosamente non sul lato della facciata, ma rivolto verso l’edificio del collegio
La decorazione interna originaria della chiesa, eretta da uno dei maggiori architetti romani, nulla aveva di tipicamente bizantino, ed è per quanto detto limitata al gioco plastico delle grandi lesene che ne scandiscono l’interno ed al cornicione finemente intagliato da cui si diparte la volta.
Della primitiva decorazione restano le quattro grandi pitture dei demoliti altari latini.
Sui pilastri, tra le due lesene, iniziando dal primo pilastro di destra e procedendo in senso antiorario, sono state applicate quattro icone raffiguranti rispettivamente S. Giorgio, S. Michele Arcangelo, S. Giovanni Battista, e S. Giovanni Climaco dipinte attorno al 1972 da suor Christine Groseil.
Nella cappella di destra è la “Annunciazione” di Francesco Trabaldese (1584 ca.), in una cornice di stucco opera di Benedetto da Romena. Sulla parete destra in alto si trova un insolito “Cristo nel sepolcro” – Epitàphios – icona greca 1900 ca.; in basso tomba del card. Acacio Coussa basiliano aleppino (1897 – 1962).
Al centro della cappella è conservata la kolinvitria usata per i battesimi amministrati, secondo la tradizione bizantina, per immersione e per la Grande Benedizione delle Acque nel giorno della Teofania.
Alla parete sinistra si trova una “testa di Cristo tra due carnefici” di scuola del Dürer donata da Demetrio Falereo, sacerdote costantinopolitano, professore di greco e fisica alla “Sapienza” vissuto nel XVII sec. di cui si conserva la sottostante bella lapide tombale in marmo nero già sul pavimento della chiesa.
Nell’abside del transetto destro “Assunzione di Maria” del Cavalier d’Arpino. L’opera (1590 ca.) mostra insoliti caratteri senesi ed è racchiusa in una ricca incorniciatura in stucco di Benedetto da Romena. A destra in alto si trova una grande tavola con S. Cirillo d’Alessandria di Giorgio Bagdanopoulos (1977). A sinistra è una grande icona raffigurante S. Atanasio di scuola cretese di fine XVI sec. Sul Vangelo spicca lo stemma di Gregorio XIII.
In una vetrina è conservato il meccanismo dell’orologio donato da Clemente XI alla chiesa (datato 1711).
Sul trono esterno è fissata l’icona “Cristo gran sacerdote” opera di P. Michel Berger dipinta verso il 1968. Questo trono sino agli anni ’50 del XX sec. si trovava, rivolto verso l’iconostasi, all’angolo tra l’abside destro e la navata.
L’iconostasi attuale, pesante opera in muratura e stucco, risale agli interventi effettuati nel 1876 dal Busiri Vici.
La decorazione pittorica è opera del pittore ed architetto Pietro Gagliardi (Roma 1809 - Frascati 1890) mentre le dorature sono opera del bronzista Anselmo Coacci.
L’impianto iconografico rispetta se non lo stile pittorico, quanto meno la tradizione.
In basso, a destra troviamo “Cristo Luce del Mondo”, a sinistra la Theotokos; nel registro intermedio abbiamo le immagini di quattro Padri della Chiesa. In alto i dodici apostoli coronano la parete sormontata dalla stàvrosis o Calvario. I cancelletti in ferro che chiudevano le tre porte dell’iconostasi sono stati rimossi nel corso dei restauri del 1971.
Nel transetto sinistro troviamo: addossati alla parete la Croce astile e gli esapteriga, opera di oreficeria greca del XVIII sec.. Sopra la porta di accesso alla scala che giunge al passetto verso il collegio – unica vera delle quattro porte che appaiono nei due catini absidali – è posta una grande icona di S. Basilio di scuola cretese del XVI sec.
Al centro dell’abside è la “Crocifissione” del Cavalier d’Arpino (1590 ca.) con cornice di Benedetto da Romena. A sinistra abbiamo la grande icona di S. Giovanni Crisostomo, stessi autore ed epoca del S. Cirillo nel transetto destro. Anche il pulpito che ora sorge al centro del transetto si trovava addossato al pilastro d’angolo con la navata.
La cappella di sinistra è decorata con l’affresco “Gesù tra i dottori”, motivo iconograficamente raro, opera del Trabaldese (1584 ca.).
Dinanzi ad essa è stata posta una stavrosis-deesis opera (1975 ca.) di suor Christine Groseil; il cartiglio sulla croce porta le iniziali della scritta: Ο Βασιλεύς Τής Δόξης (Il Re Della Gloria).
A destra è l’icona dei SS. Pietro e Paolo copia dell’icona serba del sec. XIII conservata nel tesoro della Basilica di S. Pietro eseguita dall’iconografo russo Pimen Sofronoff (1898-1973) verso l’anno 1940. Sul lato opposto c’è l’icona di S. Spiridione, santo particolarmente venerato a Corfù, copia settecentesca su tela di un’icona anteriore. Sempre nella cappella, su un proskinitarion è posta l’icona di S. Giovanni Battista, di scuola greca dell’inizio del XX secolo.
Nella navata, quasi all’ingresso sotto un baldacchino a forma di tempietto in legno e stucco dorato, si trova S. Atanasio, icona in stile italo-greco dipinta da P. Michel Berger verso il 1968. Questo tempietto, realizzato verso il 1760 in sostituzione di uno precedente, forse dello stesso G. Della Porta, ospitava in origine il tabernacolo ligneo posto sull’altare.
Verso il centro della chiesa, al termine della navata, sono le icone di Cristo e di Sua Madre, di scuola greca dell’inizio del secolo.
L’icona posta sul proskinitarion dinanzi all’iconostasi viene regolarmente cambiata, come d’uso, a seconda del periodo liturgico.
Al centro della chiesa, sempre coperta da un tappeto, è la bella lapide posta da Pietro Pompilio Rodotà a Dionisio Modino
La grande bussola lignea di ingresso risale agli anni '30 del XX sec.
I grandi lampadari di cristallo che illuminano la chiesa sono degli anni 1957-58.
Per quanto privo di particolari interessi artistici riportiamo qui la descrizione del vima.
Al centro elevata su due gradini trova posto la mensa dell’altare, quadrata e sormontata da un ciborio in muratura sostenuto da quattro colonne in marmo con capitelli parzialmente dorati. Dalla volta del ciborio decorata con un cielo stellato pende l’artoforio o tabernacolo in forma di colomba.
A destra di chi entra nel santuario si apre la porta di accesso alla piccola sacrestia totalmente priva di decorazione. Seguono in senso antiorario l’altarino del diakonikon con un dipinto raffigurante il sacrificio di Isacco; al centro dell’abside si trova la cattedra episcopale in marmo, sormontata dall’icona del Mandilion dinanzi alla quale è posta la lampada “inestinguibile” e più in alto dal grande dipinto di “S. Atanasio che schiaccia l’eresia”, opera come le altre due del citato P. Gagliardi, anche questo,come gli altri dipinti qui descritti, di stile prettamente occidentale.
Proseguendo si incontra l’altarino della protesi con il dipinto della Deposizione di Cristo dalla croce. Un’altra porta, al di sopra della quale è conservato un epitaphios di velluto ricamato e dipinto acquistato a Costantinopoli all'inizio del '900 (ante 1916), dà accesso alla vecchia sacrestia latina da cui si sale con la scala a chiocciola su ricordata al passetto di unione con il collegio.
Le pareti dell’intera zona absidale sono decorate con finti marmi in una tassellatura geometrica.