L'icona del primo gennaio raffigura contemporaneamente S. Basilio e la scena della circoncisione di Gesù.
E' di origine ed uso liturgico, in quanto destinata ad essere esposta sul proskinitarion nella navata in occasione della festa, ma non è una delle icone codificate, per cui sovente, come in questo caso, suoi singoli elementi sono ripresi da altre icone: Presentazione di Maria al Tempio, Purificazione di Maria (2 febbraio)... si confronti ad esempio la miniatura dal Menologio di Basilio II della fine del X sec. con la corrispondente della Hypapantì riportata più sotto. L'accostamento tra Il Santo è la scena della circoncisione può avvenire nei modi più vari: nell'icona qui a fianco, conservata a Villa Badessa (Pe), il santo è mostrato in contemplazione della scena, mentre in altri casi non vi è alcun legame, entrambi i soggetti sono relegati in un proprio riquadro.
In questa icona di E Tzanes, del 1683 invece i rapporti appaiono invertiti: la scena della circoncisione appare in piccolo riprodotta sull'epigonation indossato dal Santo.
Il 6 gennaio la Chiesa Bizantina commemora - rinnovella secondo Simeone di Tessalonica - il Battesimo di Gesù nel Giordano, prima epifania (manifestazione) pubblica della sua divinità: Teofania.
L'avvenimento non ha trovato eco nei vangeli apocrifi che spesso forniscono agli iconografi spunti per particolari da inserire nelle proprie opere, quindi, a parte alcuni generici elementi simbolici, l'intera rappresentazione si basa sui testi canonici e l'innografia.
Il Cristo occupa come ovvio il centro della scena, nudo, come è nudo l'uomo alla nascita, e di una rinascita si parla.
La sua mano destra è piegata nel segno della benedizione.
Su di Lui un raggio giunge dall'alto, in esso appare la colomba rappresentante lo Spirito Santo. Il raggio giunge dal cielo dove un elemento geometrico prende il posto del Padre non rappresentabile, perché mai visto da alcuno (in alcune icone moderne questi è in realtà raffigurato nella consueta sembianza di uomo anziano).
Sulla riva Giovanni il Precursore, vestito di pelli - l'uomo vecchio - pone la propria mano sul capo del Cristo.Sulla destra dell'icona degli angeli, con le mani velate in segno di adorazione, rappresentano le nature angeliche.
Nelle acque del fiume, in cui nuotano dei pesci - non si tratta di un tratto naturalistico, bensì di un simbolo di vita: le acque vive - appaiono una o a volte due figure, un uomo con il capo rivolto all'indietro ed una donna a cavallo di un mostro marino. Sono il Giordano ed il mare, (in greco mare - thalassa - è femminile).
L'uomo ha il capo rivolto all'indietro secondo la voce del salmista: Il mare vide e fuggì, il Giordano si volse indietro.
In secondo piano appaiono a volte due fanciulli: sono i due affluenti del Giordano.
Nella parte inferiore spicca un arboscello, una ascia si trova presso le sue radici; "Già la scure è posta alla radice degli alberi. Ogni albero che non dà buon frutto sarà tagliato e gettato nel fuoco"
La festa della presentazione del Signore al Tempio è probabilmente di origine gerosolimitana, ne dà notizia infatti Egeria nel IV sec. Era celebrata 40 giorni dopo l'Epifania, cioè il 14 febbraio. Solo successivamente fu spostata al 2.
Il nome greco della festa è Hypapantì: Incontro, in quanto l'aspetto fondamentale della festa è l'incontro tra l'uomo nuovo, il Cristo e l'uomo vecchio Simeone.
E' festa despotica, ovvero del Signore: in oriente non ha mai assunto quel significato mariano che ha assunto in occidente.
L'icona rappresenta il breve brano evangelico di Luca, l'incontro di Cristo con Simeone.
Al centro della scena è la Vergine, in atto di porgere il Bambino a Simeone che lo accoglie con le mani velate in segno di adorazione. Dietro di lei è S. Giuseppe. Della scena fa parte anche la profetessa Anna.
Sullo sfondo un baldacchino e delle strutture rappresentano il Tempio in cui si svolge la scena, ma che è rappresentato con le caratteristiche di una chiesa bizantina.
La festa dell'Annunciazione della Santissima Madre di Dio e sempre Vergine Maria è una delle maggiori feste dell'anno liturgico bizantino.
Il Concilio del Trullo (can. LII) ricorda che in essa al pari dei sabati e delle domeniche della Grande Quaresima si celebra la Divina Liturgia di S. Giovanni Crisostomo anziché quella dei Presantificati in uso negli altri giorni. E' una festa despotica, - del Signore - non Theomitorica.
La scena dell'Annunciazione viene spesso rappresentata sui due battenti della porta bella dell'iconostasi dove assume un duplice significato simbolico.
Da un lato costituisce l'ingresso nel santuario, come l'Incarnazione in essa rappresentata costituisce l'ingresso dell'Umanità nella vita nuova, l'inizio del nuovo patto.
Dall'altro è alla base di quella serie di immagini / eventi che attraverso la scena dell'Ultima Cena - collocata di solito al disopra di essa - e passando per la crocifissione alla sommità dell'iconostasi giunge alla gloria del Pantocratore, al centro della calotta absidale o della cupola.
L'angelo dalle vesti fluttuanti reca in mano il bastone proprio dei messaggeri, l'altra mano è nel segno della benedizione: due dita piegate ad indicare le due nature del Cristo e le altre tre che simboleggiano la SS.ma Trinità.
La Vergine in atteggiamento tra lo stupefatto, il timoroso ed il ritroso è avvolta nel maforion scuro, simbolo di umiltà: è la terra arata pronta a ricevere il seme da far fruttificare.
E' seduta su un trono dorato collocato sopra una pedana ed i suoi piedi calzati di porpora, simbolo di regalità, sono posti su di un piedistallo che la innalza al disopra della natura angelica.
La Vergine sta filando la porpora della tenda del tempio come narrano gli Apocrifi.
Dal cielo scende un raggio che non è di luce, ma di ombra, secondo l'Evangelista: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su di te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo."
L'icona ricorda quella della nascita di Maria di cui ripete l'impianto generale: la madre coricata sul letto, le serventi che l'attorniano e preparano il bagno per l'infante.
La particolarità è data dalla presenza di un uomo che seduto scrive: è Zaccaria, il padre del profeta.
Narra Luca (1, 18-20)
Zaccaria disse all'angelo: «Come posso conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni». L'angelo gli rispose: «Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio e sono stato mandato a portarti questo lieto annunzio. Ed ecco, sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, le quali si adempiranno a loro tempo».
E quindi (1, 59-64):
All'ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta, e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.
Nell'icona liturgica - quella esposta per la festa sull'analoghion davanti all'iconostasi - i Santi sono rappresentati assieme secondo due varianti:
Nella prima i due Apostoli sorreggono un edificio, non si tratta di una chiesa, ma della Chiesa, quella Chiesa che hanno assieme fondato.
La seconda icona rappresenta l'abbraccio tra i due Santi.
Anche se nell'iconografia bizantina i due Apostoli sono privi dei due attributi, le chiavi e la spada, che li contraddistinguono in quella occidentale, i due santo sono sufficientemente caratterizzati da essere riconoscibili tra gli altri personaggi anche nelle icone festive in cui appaiono.
S. Pietro è sempre rappresentato con i capelli ricci e la barba corta arrotondata, entrambi bianchi.
S. Paolo è rappresentato con la barba lunga e a punta di colore castano come i capelli, spesso ridotti ad una corona.
E' una caratterizzazione molto antica che si ritrova già nelle catacombe romane
Il giorno successivo alla commemorazione dei ss. Pietro e Paolo vengono commemorati collettivamente i 12 apostoli, ognuno dei quali peraltro ha la propria commemorazione individuale.
Dionisio di Fournà cosi ne codifica la caratterizzazione:
San Pietro: vegliardo, barba tondeggiante. Ha in mano una lettera da cui dice: «Pietro, apostolo di Gesù Cristo».
San Paolo: calvo, barba grigia e affusolata. Egli tiene in mano le sue epistole arrotolate e legate insieme.
San Giovanni il Teologo: vegliardo, calvo, la barba ampia e poco fitta.
San Matteo Evangelista: vegliardo, la barba folta. Egli tiene in mano il Vangelo.
San Luca Evangelista: giovane, capelli crespi e barba rada. Egli dipinge la Madre di Dio.
San Marco Evangelista: capelli grigi e barba tondeggiante. Egli regge il Vangelo.
Sant'Andrea: vegliardo, capelli ricci e barba separata in due. Egli porta una croce e un cartiglio non svolto.
San Simone lo zelota: vegliardo, calvo, la barba tondeggiante.
San Giacomo: giovane, barba abbozzata.
San Bartolomeo: giovane, barba abbozzata.
San Tommaso: giovane e imberbe.
San Filippo: giovane e imberbe.
Tutti questi personaggi tengono in mano dei cartigli non srotolati.
La festa della Trasfigurazione - Metamorfosis - è antica - si è diffusa nel V sec. - ma posteriore alla festa dell'Esaltazione della Ss.ma Croce come dimostra la data in cui è celebrata, 40 giorni prima del 14 settembre, in quanto essa si sarebbe verificata secondo la tradizione 40 giorni prima della Crocifissione.
La rappresentazione della scena è antica, già nel VI ne appaiono raffigurazioni musive nelle absidi di Parenzo, S. Apollinare in Classe a Ravenna e nel monastero di S. Caterina del monte Sinai.
L'icona, che fa parte in genere del ciclo delle "dodici feste" è per consuetudine la prima icona che un iconografo "scrive" come inizio della propria carriera.
La rappresentazione è basata essenzialmente sui Vangeli Canonici, in particolare quello scelto dalla liturgia è Mt. XVII, 1-9.
Nel corso del tempo anche questa icona ha ovviamente subito modificazioni.
Un'icona più complessa, che commenterò, è questa del XV sec.
Nella parte alta dell'icona al centro è la figura di Cristo nella veste candida come la neve descritta da Mt.La figura si staglia su un triplice sfondo: un cerchio esterno è la nuvola in cui Dio ha parlato a Mosè, l'interno scuro è la "tenebra luminosa" simbolo dell'oscurità della fede e l'esperienza della prossimità di Dio.
Tre raggi verso l'altro - verso le schiere angeliche - e altri tre rivolti verso il basso - verso gli apostoli - si intrecciano in due triangoli che formano una stella a sei punte.
A sinistra è Elia - i Profeti.
A destra è Mosè - la Legge - rappresentata dai libri che tiene in mano. Secondo una tradizione anche Mosè sarebbe stato assunto in cielo al pari di Elia.
Nella fascia centrale dell'icona due scene: a sinistra la salita di Cristo con i discepoli al monte Tabor, a destra la discesa.
In entrambi i casi il gruppo è inquadrato in una grotta. I significati simbolici di questa sono molteplici, ma interconnessi. Gli antichi filosofi consideravano la grotta simbolo del mondo sensibile e S Gregorio di Nissa ricorre al simbolo della grotta per esprimere il mistero dell'Incarnazione. In basso gli Apostoli atterrati dal fulgore della scena in alto di cui non riescono a sostenere la visione.
Tutti i personaggi sono senza calzari, perché il suolo del Tabor è considerato sacro come quello del monte Sinai.
Un altra icona che voglio mostrare è questa rara icona portatile musiva anche essa di fattura costantinopolitana della fine del XII sec.
La Dormizione - kimesis in greco - è la principale festa mariana del mondo bizantino.
Di origine certamente orientale, probabilmente gerosolimitana, l'imperatore Maurizio (582-602) ne ordinò la celebrazione in tutto il territorio dell'impero.
Apostoli, qui radunati dai confini della terra,
nel podere del Getsemani
seppellite il mio corpo.
E tu, mio Figlio e Dio,
accogli il mio spirito.
(Exapostilarion della grande paraklisis)
Nessuno dei testi canonici descrive il termine della vita terrena della Santa Madre di Dio. L'iconografia, come l'innografia del resto, è basata sulla tradizione e sugli apocrifi.
Secondo questi, la Vergine, informata della sua prossima morte, avrebbe mandato a chiamare gli apostoli, che come dice l'exapostilarion citato, sarebbero giunti, portati su nubi, da tutti gli angoli della terra per riunirsi nel Getsemani ad attendere l'arrivo del Signore che sarebbe disceso scortato dagli angeli per accogliere lo spirito della Madre.
Per un commento farò riferimento a questa icona di Domenico Theotokopulos (El Greco):
Gli apostoli sono giunti da tutte le parti della terra, in alto si vedono le nubi condotte da angeli che li stanno trasportando, ed in basso gli stessi esprimono il loro dolore attorno al letto funebre a capo del quale si riconosce Pietro, mentre Paolo è all'altra estremità.
Tra gli Apostoli appaiono alcune donne e due Vescovi: sono Dionigi l'Aeropagita e Ieroteo vescovo di Atene, entrambi discepoli di Paolo.
Le case di Sion inquadrano la scena.
Il Signore accoglie tra le sue braccia l'anima della Madre che appare in forma di infante. La sta per affidare a Michele perché la porti in paradiso. Nel contempo ordina agli angeli di prelevare anche il corpo e di condurre anche quello su in alto e di deporlo sotto l'Albero della Vita. E' questa la scena raffigurata nella parte alta dell'icona.
In questa specifica icona il Signore è chinato verso la Madre, più spesso è ritto in posizione frontale, rendendo più evidente la schema del tau rovesciato proprio dell'iconografia. Il Cristo di trova all'incrocio tra l'asse verticale del cielo e quello orizzontale della terra. La Madre, coricata sul suo letto di morte sembra raffigurare una nave su cui accoglie gli Apostoli, la nave della Chiesa.
Anche questo mosaico del XII sec. è opera di un maestro bizantino.
Nota
Questa iconografia non era esclusiva del mondo bizantino, ma era usuale anche in quello occidentale. Si vedano a titolo di esempio la scena facente parete della storie della Vergine del Cavallini in Santa Maria in Trastevere a Roma della fine del XIII sec. e quella contemporanea in Santa Maria Maggiore.
Nonostante l'importanza della festa nel calendario bizantino, l'icona relativa non è frequente.
Nessuno dei testi canonici ci narra l'evento, solo il cosiddetto Protoevangelo di san Giacomo lo descrive. Ad esso si ispirano le icone.
La scena rappresenta un quadretto di vita quotidiana. E' collocata in un ambiente agiato, come si vede dagli edifici e dal letto riccamente decorato su cui riposa sant'Anna affiancata da Giacchino. Entrambi sono avvolti nel nimbo della santità.
Una servente - le braccia nude sono simbolo di servitù - porge alla puerpera dei generi di conforto tra cui un calice e tre uova, simbolo queste ultime di fecondità e rinnovamento. Ovviamente il numero ricorda la Trinità.
Nella parte bassa dell'icona la levatrice saggia l'acqua per il bagno della neonata. Questa ha già il nimbo della santità ed è affiancata dalla scritta: M(ìti)r Th(eo)ù - Madre di Dio.
L'icona della Festa rappresenta il vescovo di Gerusalemme Macario, rivestito del polistavrion - il felonion a croci ricamate anticamente prerogativa dei vescovi - che innalza la croce al cospetto della popolazione della città. In talune icone sono dettagliatamente descritti i vari ceti della popolazione, nobili, clero, studiosi...
Tra i presenti spicca ovviamente l'imperatrice Elena, autrice della scoperta della Vera Croce, meno ovviamente è raffigurato anche il figlio: l'imperatore Costantino che non sarebbe stato presente, ma che la Chiesa Bizantina ha santificato e ricorda sempre assieme alla madre.
In un certo senso dimentica del rapporto madre figlio, la Chiesa bizantina e la pietà popolare li ricordano come protettori del matrimonio e degli sposi.
7 [1] "Per la bambina passavano intanto i mesi. Giunta che fu l'età di due anni, Gioacchino disse a Anna: "Per mantenere la promessa fatta, conduciamola al tempio del Signore, affinché il Padrone non mandi contro di noi e la nostra offerta riesca sgradita". Anna rispose: "Aspettiamo il terzo anno, affinché la bambina non cerchi poi il padre e la madre". Gioacchino rispose: "Aspettiamo". [2] Quando la bambina compì i tre anni, Gioacchino disse: "Chiamate le figlie senza macchia degli Ebrei: ognuna prenda una fiaccola accesa e la tenga accesa affinché la bambina non si volti indietro e il suo cuore non sia attratto fuori del tempio del Signore". Quelle fecero così fino a che furono salite nel tempio del Signore. Il sacerdote l'accolse e, baciatala, la benedisse esclamando: "Il Signore ha magnificato il tuo nome in tutte le generazioni. Nell'ultimo giorno, il Signore manifesterà in te ai figli di Israele la sua redenzione". [3] La fece poi sedere sul terzo gradino dell'altare, e il Signore Iddio la rivestì di grazia; ed ella danzò con i suoi piedi e tutta la casa di Israele prese a volerle bene."
Questo brano del Protovangelo di Giacomo è l'ispiratore dell'icona della Festa.
La scena è collocata tra gli edifici: è il Tempio di Gerusalemme. Al centro vi è un recinto entro cui si colloca il ciborio che sovrasta l'altare. La tenda che di norma lo nasconde è tirata da parte.
La bambina è rappresentata come e nelle vesti di una adulta, solo di dimensioni ridotte. I genitori la presentano al sommo sacerdote, identificato dalla tradizione con quello stesso Zaccaria che sarà destinato ad accogliere nel medesimo luogo il Salvatore.
Dal recinto dell'altare si stacca una scala che giunge ad un trono posto sotto un baldacchino, questo senza veli.
Su di esso è seduta la Vergine cui un angelo reca il pane:
"Ora Maria dimorava nel tempio del Signore nutrita come una colomba e il cibo lo riceveva dalla mano di un angelo."
L'icona del Natale è una delle più complesse sia dal punto di vista compositivo che da quello simbolico.
E' un'icona antica: ne è un esempio questo esemplare del VII sec. conservato nel Monastero di Santa Caterina del Sinai, che già mostra tutti i motivi iconografici che verranno mantenuti successivamente.
Ne richiameremo qui alcuni aspetti trascurando quelli più evidenti: gli angeli della parte alta, il bue e l'asino, i pastori ed i magi.
Lo sfondo è costituito da tre montagne - è evidente il significato trinitario - la montagna centrale che con le sue pendici occupa tutta la terra è il Messia, perciò ha due cime, simbolo delle sue due nature.
Il Bambino è avvolto in bende, fasciato come un defunto ed è posto in un'arca di pietra all'interno di una grotta che è l'ingresso dell'Ade che ritroveremo nell'icona dell'Anastasis.
La Vergine è fuori dalla grotta distesa su un manto di porpora regale, il suo sguardo non è rivolto al Figlio, ma all'infinito, per custodire nel suo cuore quanto di straordinario è avvenuto in lei.
Nella parte inferiore dell'icona appare S. Giuseppe, assorto in meditazione, l'uomo davanti al mistero.
Davanti a lui si trovano spesso uno o due pastori. Uno di essi, è rivestito di pelli, simbolo dell'uomo dopo il peccato: "Il Signore Dio fece all'uomo ed alla donna tuniche di pelli e li vestì." Nella tradizione ha anche un nome: Tirso.
Costui dice al patriarca. "Come questo bastone non può produrre fronde, così un vecchio come te non può generare, e, d'altra parte una vergine non può partorire." Accanto vi è un arboscello: è il bastone fiorito in risposta alle parole del pastore.
Sull'altro lato due donne fanno il bagno al Bambino, sono Salome e la Progenitrice Eva.
Icone più recenti accolgono elementi della tradizione occidentale, in esse la Madre appare in ginocchio o seduta a fianco della culla.